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Sarah Scazzi: La mamma Concetta, vuole andare in carcere da Sabrina
IL GIORNO DELLA TRAGEDIA Da quel 6 ottobre 2010 nel quale, dopo quaranta giorni di devastanti dubbi per la scomparsa di Sarah, Concetta ha avuto la certezza dell’assassinio di sua figlia, la sua vita è diventata un inferno di domande senza risposta che ne alimentano senza tregua la sofferenza. Per ogni madre la morte di un figlio è di per sé qualche cosa di insopportabile. Ma per Concetta le ragioni della morte di Sarah sono anche indecifrabili, assurde: il terribile assassinio, infatti, è avvenuto nell’ambiente, almeno in apparenza, protettivo degli affetti familiari. Quello del quale facevano parte la sorella Cosima, il cognato Michele e la nipote Sabrina: tutti legati da quei rapporti di sangue che, soprattutto nella società del nostro meridione, hanno un valore quasi sacro. Ma ripercorriamo insieme questa vicenda che ha i connotati di un’antica tragedia greca. E il 26 agosto 2010. Lo scenario: Avetrana, un paese del Salento tarantino, in Puglia, abitato da poco più di 7mila anini, si trovano a essere protagoniste B di un mistero, che gjpF terrà a lungo con il fiato sospeso l’Italia intera. Dopo quaranta giorni, segnati dalle ipotesi più inverosimili sulla scomparsa di Sarah, arriva il colpo di scena che sembra la sconvolgente, tragica soluzione dell’enigma che ha impegnato, senza successo, gli inquirenti e le forze dell’ordine. Lo zio Michele Misseri, soffocato dai sensi di colpa, durante un interrogatorio fiume racconta la sua verità. Fa ritrovare il corpo senza vita di Sarah, sepolta senza vestiti in un pozzo naturale, che serviva per raccogliere l’acqua piovana, in un uliveto di contrada Mosca, a meno di dieci chilometri da Avetrana. La povera mamma di Sarah apprende la notizia in diretta dalla trasmissione televisiva Chi l’ha visto?. Il suo cuore si spezza ma, accanto a quel dolore senza limiti, quasi nascosto con pudore, si scatena, insopprimibile, il suo desiderio di conoscere la verità. Chi ha ucciso la piccola Sarah? Una verità che sembra oscurata dalle confessioni e dalle ritrattazioni di zio Mchele che, alternativamente, si accusa non solo dell’occultamento del cadavere, ma anche dell’assassinio della nipote. Zio Michele coinvolge poi la moglie Cosima e la figlia Sabrina, salvo cambiare, poi, ancora la sua versione, aggiungendo mistero al mistero. Dopo un interminabile rosario di interrogatori e testimonianze, sono i giudici di Taranto a mettere un p rimo punto fermo alla vicenda. Il 15 ottobre del 2010 Sabrina Misseri viene rinchiusa in una cella del braciciò femminile del carcere di Taranto, insieme con sua madre. Secondo i giudici, Sabrina ha ucciso Sarah per gelosia, perché ossessionata dall’amore per Ivano Russo, 27 anni, il ragazzo con il quale avrebbe voluto costruire una famiglia e da cui si sentiva trascurata, esasperata dalle piccole attenzioni che il giovane riservava alla cuginetta. Sabrina e sua madre si erano sempre dichiarate innocenti e avevano accusato Michele, padre e marito, di essere l’unico responsabile della morte di Sarah. Per la m orte di Sarah Scazzi il 22 aprile scorso sono state condannate all’ergastolo, in primo grado, Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia della giovane vittima. Per loro l’accusa è pesantissima: concorso in sequestro di persona, concorso in omicidio volontario e in soppressione di cadavere. Michele Misseri, che si è sempre autoaccusato di aver ucciso la nipote, è stato invece condannato a otto anni per aver partecipato, assieme a sua moglie e a sua figlia, alla soppressione del corpo senza vita della piccola Sarah.
UNA FAMIGLIA DISTRUTTA Commenta Concetta Serrano: «Siamo tutti sconfitti, non ci sono né vinti né vincitori. Sabrina e Cosima adesso si ritrovano in carcere perché hanno ucciso mia figlia. Ma la mia famiglia non è più quella di una volta. Sarah non c ’è più. Non ci sono le sue risate, la sua allegria, la sua voglia di vivere contagiosa. Da quel giorno tutto è cambiato. Sono passati tre mesi dalla sentenza d ’ergastolo e sto aspettando di leggere le motivazioni per capire qual è stato il ragionamento dei giudici. E una situazione che crea dolore a tutti. Quello che è successo è drammatico, ma chi sbaglia deve pagare, l’ho sempre detto. A distanza di tre anni mi piacerebbe incontrare Sabrina, ma a una condizione: non dovrebbe più dividere la cella con sua madre. Perché? Sabrina, al di là dell’apparente sicurezza che esprime, è una ragazza fragile, succube di una madre forte e determinata che ha sempre guidato e gestito la sua famiglia».
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